Bentornati carissimi, anche se ho capito che forse ad essere bentornato sono io, che vi invito a casa mia e poi magari sparisco per un mese. Però non ho altre grandi forme di saluto con cui iniziare. Questo mese è stato abbastanza pienotto per me - ho finito un lavoro, ho aperto una società, tutte cose noiose che non vi interessano. Però, che potrebbe interessarvi, c’è un’altra piccola novità: ho aperto un’altra newsletter che, a differenza di questa, mi vede con persone che hanno un’etica del lavoro e che quindi ha l’obiettivo di uscire una volta a settimana. Si chiama Feticci, parla di calcio (o di sport? Boh, lo vedremo) e ci si iscrive qui. VVB.
🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑
Il titolo di questa newsletter è una di quelle frasi che vorrei tatuarmi mille volte sul corpo, che negli anni è diventata una catch frase con gli amici, che ogni tanto mi sovviene in testa nei momenti più inopportuni e disparati - una volta ho fatto un’intervista in Warner con Lucianone nostro che mi fissava appeso al muro, con i suoi platini, posso solo lasciarvi pensare alla fatica di non urlare questa citazione.
Perché ci sto facendo una newsletter? Un altro episodio in cui vi parlo dei cazzi miei? Nì. Nel senso, secondo me questa frase racchiude benissimo un pensiero che io - e molti come me - ho avuto per lungo tempo e tutt’ora ho con degli ovvi momenti di défaillance. Mi piace il rap, praticamente solo il rap e i suoi derivati, non me ne fotte un cazzo delle vostre chitarre, delle vostre linee melodiche, del successo delle vostre canzoni. Voglio le rime, il misurarsi il cazzo, voglio sentirti urlare nelle orecchie che sei la mejo cosa mai successa nel mondo.
In questi ultimi mesi, sempre più spesso, mi sono ritrovato a pensare: “Ah, Ligabbue… Fanculo”. È successo che nel corso del tempo il rap non vada più chiamato così, almeno nelle Convention ufficiali, nei comunicati, nelle interviste e nei salotti. Che il rap sia diventato un enorme polpettone di nome “urban”. Cosa comporta questa cosa? Ovviamente una gran confusione. Sono anni che ci si racconta che le classifiche “vedono il rap sopra ogni altra cosa”, poi se si va ad analizzare quelle classifiche si scopre che no, di rap ce n’è ben poco. È un discorso lungo e ampio, ma quando un disco primo in classifica viene trascinato da un singolo pop, dentro può avere anche la versione remastered di Survival of the Fittest, ma bisognerebbe avere la decenza di ammettere che è di nuovo il pop che sta vincendo, con degli interpreti più sporchi e cattivi, ma alla fine del rap non fotte un cazzo a nessuno.
Ora, non mi interessa fare quello di “ai miei tempi”, anche perché ai miei tempi il rap che vinceva era quello dei talent e poco prima erano i tormentoni e vi dirò, è comunque sempre stato uno strumento utile per far sì che chi fosse curioso andasse poi ad approfondire quel coacervo di luce superficiale che continuava ad abbagliare. Non pretendo che gli incastri e le metriche vadano in heavy rotation in radio, non sono un coglione, ma quello che chiedo è una sorta di onestà. Vorrei che domani qualcuno si svegliasse e dicesse: “Pensiamo che il rap non funzionerà mai, è solo cool comunicare così su Instagram”.
Questa frustrazione arriva anche dal fatto che ogni qualvolta un artista che per un periodo ha rappato o ha finto di farlo inizia a fare musica leggera, questa cosa viene accolta da un boato di ovazioni che parlano di maturità e evoluzione artistica, come se il rap fosse la cucina della Fisher-Price e finalmente quell’artista ci avesse dimostrato che sa fare un risotto coi controcazzi, con lo 0% di plastica. Questa cosa mi manda fuori di testa, è questo che per reazione mi fa pensare: “Ah, Ligabbue… Fanculo”. Mi piacerebbe che il rap acquisisse - e non so se sia colpa “nostra” che non siamo mai riusciti a mediare culturalmente la nostra grande passione, degli artisti che non hanno cultura o di che altro - una sua dignità. Poi ben vengano i Marco Carta o i nuovi Kid Laroi, va benissimo. Non ci fotto io, sticazzi.
Qualche tempo fa un mio amico scrisse un articolo adesso scomparso dal web che parlava di come fosse limitante parlare di “generi musicali” con l’avvento delle playlist di Spotify e simili.
Il protagonista di quell’articolo era Coez, un nome che secondo me spiega l’anomalia di quanto sopra. Nel senso: per quanto a me piaccia il rap, appunto, sono un grande fan dell’ex Brokenspeakers. La realtà è che - per quanto io poche righe sopra abbia insultato le melodie e le chitarre - il rap più che un genere musicale (o meglio oltre che un genere musicale) è un insieme di elementi che per facilitare la lettura e il mio compito nello scrivere chiameremo attitudine.
In questi giorni è uscito Wu-Tang, una canzone che non riuscirei a definire rap, che è il primo singolo del nuovo disco di Coez. E sì, avete letto bene, si chiama Wu-Tang.
Da bamboccio ho sempre riso e deriso tutta una serie di regole e stilemi, tanto ad arrivare a cantare gasato “La vecchia scuola l’ho marinata”, una barra di un rapper genovese che racchiudeva perfettamente la spocchia necessaria per approcciarsi al rap. Oggi mi rendo conto che “spread the culture” sia invece un elemento necessario e sufficiente per fare musica che mi entri dentro.
Tutto quello che esce dalle sonorità “classiche” del rap e delle sue evoluzioni - quindi sì, anche trap, drill etc - ha un linguaggio ben connotato che è fondamentale che rimanga anche in quello che succede nel futuro. Nel disco di maggior successo di Coez all’interno c’è uno skit di Danno, dopo anni di silenzio torna con un pezzo in cui l’innamorato - Silvano - si ascolta il WuTang. Frah Quintale è un altro esempio, che parla di top to bottom in canzoni che ti straziano il cuore. Anche se fanno un genere che non si può più definire rap, all’interno rimane quella radice. Poi sticazzi, uno può anche decidere di essersi rotto i coglioni del genere, però ecco, magari all’interno del disco non c’è Survival of the Fittest, però un po’ di quello spirito c’è anche nel singolo che si ascolta mia madre in radio.
Piccola correzione prima di salutarvi, mentre scrivevo Coez sostiene che Wu-Tang e Flow Easy non siano singoli. Non ho voglia di correggere ma era giusto segnalarlo.
🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑
Bella, volevo non lamentarmi, come sempre non ce l’ho fatta. Alla prossima amigos.