Avevo detto che ciò che volevo fare non era commentare le ultime uscite, vero? Bene, questo episodio è la prova di quanto valga la mia parola: zero.
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Questa mattina, come ogni mattina, mi sono fatto la doccia. E non so se sia per invidia di Emanuele Mongiardo che nel w/e ha avuto una folgorazione sotto il getto del soffione o perché alla fine è vero che mentre ti lavi e nel dormiveglia ascendi al ruolo di genialità con il massimo vigore, mentre lasciavo andare dalle JBL il nuovo disco di Mecna, mi è venuta un’idea.
Prima di andare ad analizzare quest’idea faccio una serie di premesse casuali, senza un ordine né cronologico né logico e basta. Mentre io ero ancora chiuso fuori casa - ho deciso che questa cosa farà parte della lore ufficiale di Paper Boi - è uscito il teaser di “Mentre Nessuno Guarda”, appunto, il nuovo disco di Mecna. Per una serie di fortuite coincidenze, mi sono ritrovato un pomeriggio a parlare con Mecna dei testi di questo cortometraggio.
Non ho portato un grande apporto, Corrado aveva già scritto tutte le parti di parlato di questo video, insieme le abbiamo riviste, ri-adattate questo perché molto spesso un occhio completamente esterno può dare una mano a far quadrare le cose. E quindi niente, sono felice di averlo fatto perché è figlio di una sorta di rapporto che mi ha portato a una Mondadori di Torino circa un anno fa a vedere per la prima volta in vita mia delle persone in fila per una firma, su un regionale a parlare di affitti e di quanto Milano Sud alla fine sia il miglior posto per vivere in questa città e perché alla fine mi fa piacere vedere che mentre cresco anche io e quindi cerco nella musica qualcosa di diverso da quello che cercavo prima, c’è chi cresce “con me”, ma per i cazzi suoi.
Legata a questa cosa c’è un aneddoto che mi fa molto ridere e che voglio svelare, perché magari anche tra chi legge c’è chi ha avuto questo dubbio che mi sono premurato di sciogliere solo con chi conoscessi bene e mi chiedesse informazioni, più che altro per la mia completa incapacità di relazionarmi con gli sconosciuti che mi fanno i complimenti. Alla fine di questo teaser c’è scritto, come ormai avrete capito:
Testi: Corrado Grilli, Tommaso Naccari.
È alla fine di un video, che ha palesemente dei “testi” al suo interno, da quando Gianni Morandi ha fatto coming out sull’avere un social media manager, sono convinto che tutti su internet sappiano che dietro le cose di internet ci sono persone che le fanno accadere. Eppure ho ricevuto una decina di messaggi, più o meno espliciti, che mi chiedessero se avessi scritto i testi del disco. E quindi colgo quest’occasione per dire no, non ho scritto nessun testo di nessun disco in vita mia, ci tengo a precisare anche che non ho mai rappato in vita mia e le uniche barre che io abbia mai scritto sono queste, mai rappate da nessuno, e che Vipra ancora mi dice che dovrei in realtà scrivere qualcosa (mi auguro intenda per altri), solo perché ama vedere come mi autodistruggo.
E messa così non fa molto ridere, forse sto facendo una cosa da stronzo, ma sono stato taggato in una storia che diceva una cosa tipo: “Tommaso non scrive solo bene DI rap, scrive anche bene IL rap” e questo misunderstanding mi ha colto così alla sprovvista che dovevo in qualche modo dirlo a qualcuno. Voi. Se tu che hai fatto questa storia leggi, ti prego non te la prendere se non ho avuto il coraggio di dirti che non avevo scritto IL rap, ma mi sento sempre una merda a smorzare l’entusiasmo altrui. Ora sai quanto possa essere un impostore.
Ecco, finita tutta la serie di preamboli, arriviamo al succo della questione, il motivo per cui sto scrivendo questa puntata. Sempre per quanto riguarda le incomprensioni, qualche anno fa su FOUR DOMINO scrissi uno dei pezzi di cui vado più fiero, che si chiamava “Taxi non ci sono più”, parlava di Lungomare Paranoia e faceva una sorta di parallelismo tra il singolo più forte - a mio parere - di Laska e il mio brano all’epoca preferito del disco che narra di un viaggio Milano-Foggia in treno, chissà se anche quello in regionale. Quando ci siamo rivisti una domenica di qualche settimana fa ormai, ho provato a dire a Mecna di quanto mi gasasse questa cosa dell’evoluzione tangibile tra un disco e l’altro, non solo a livello di tutte quelle cose eteree come lo stile, le sonorità, ma proprio a livello di narrazione. Ora, la sua risposta non è stata molto entusiasta, quindi non so se non avesse il coraggio di dirmi: “Zio, ti stai facendo dei viaggi mentali, accanna” (no, non credo Mecna direbbe né “zio” né “accanna”, ma siamo su Paper Boi, qui è tutto finto).
Visto che se un pazzo non lo metti a tacere quello continua a fare il pazzo, io ho continuato a fare il pazzo e, come allora, ho pensato che la cosa migliore di Mecna sia proprio questa: i suoi dischi sono tutti degli episodi di una serie TV, che in qualche modo si legano l’un l’altro.
E grazie al cazzo, direte voi, si chiama “vita-di-Mecna” ed è abbastanza normale che tu all’interno di ciò che scrive una persona veda la sua evoluzione, pensa che genio questo.
Ed è vero, però fatemi spiegare. Prima di andare vi linko la canzone, non so dirvi nella personalissima classifica di gusto delle tracce del disco dove la metterei, ma non credo vi possa o debba interessare.
Spero abbiate ascoltato anziché skippare, sia che la conosceste già sia che fosse la prima volta che vi imbattevate in questa copertina. Anche quello che sto per scrivere è scontato, eppure nel fare una sorta di summa mentre mi accingevo a scrivere quanto segue, non mi è venuto in mente nessuno in grado di farlo così bene, forse solo Fibra, con però tutto quel lato macabro-carnevalesco di esagerazione che rende sempre il tutto smontabile, una montatura (ed è il bello dell’autore di Mr. Simpatia, sia chiaro). “Scusa” è il punto alla fine di Mentre Nessuno Guarda, ma in qualche modo è un punto della crescita di Mecna fino a qui. All’interno del disco abbiamo visto alcuni personaggi degli episodi passati fare dei cameo, come se fossimo dentro una sit-com di quelle con le risate finte, basti pensare al già citato Tarducci e al suo vocale che porta uno dei principali rapper italiani all’interno della poetica di Mecna, il freddo, le felpe, l’autunno come preludio del momento più bello dell’anno, l’inverno. Eppure è in “Scusa” che - in questo caso come se fossimo alla quarta stagione di Lost - ci vengono svelate una serie di questioni che ci eravamo chiesti: si scopre perché Ghemon è mancato fino a Blue Karaoke, si approfondisce l’amarezza già notata in qualche album precedente del definire la sua vecchia crew solo un logo (tra l’altro se qualcuno si ricorda il pezzo esatto risponda a questa mail e me lo dica, non mi ricordo dove rappi questa barra), ma si scoprono anche chi sono i personaggi di “31/08” e di “Faresti con Me”, in parte perché quel Lungomare porti alla Paranoia e tutta un’altra serie di questioni per trattare le quali farei prima a copincollarvi il testo.
Non è neanche così scontato che qualcuno “rosichi” così apertamente per il “mancato” successo, tra l’altro assolutamente non percepito all’esterno, di un progetto, anche questo demone del disco d’oro fa parte della crescita di un personaggio che è affascinante, il Mecna di Twitter se ne sbatterebbe il cazzo del disco d’oro, quello dei dischi no e come successe con lo Skam originale, ogni tassello sparso nell’etere di internet è utile per raccontare una storia.
Ricollegandomi dunque a quel viaggio su un regionale e alla crescita, mi fa sorridere pensare di aver pensato - e di non essere stato il solo - a Mecna come il rap per le ragazzine, mentre avevo voglia di testosterone e spaccare tutto, il bello di un percorso come questo è che anche dall’altra parte del microfono l’artista mi (ma anche ci, ma anche ti) ha aspettato, è cresciuto con te, a piccoli pezzi ti ha introdotto nel suo mondo e probabilmente continuerà a farlo. E probabilmente è un cavillo da nulla, una sega mentale di un pazzo, ma è molto affascinante pensare che qualcuno abbia in testa una big picture, magari neanche troppo chiara, ma che lentamente si senta così tranquillo con se stesso da mettere ogni tessera del puzzle al proprio posto e guardarti compiaciuto mentre ascolti e ti ritrovi a dire: “Ah, cazzo, ma allora era questo che voleva dire”, come nelle migliori serie TV.
E poi: anche alla mia prima uscita con la mia attuale ragazza (esiste un termine migliore per definire la persona con cui condividi il quotidiano? Se sì segnalatelo pls) lei si è scheggiata un dente e in qualche modo le rimarrà un segno di quell’appuntamento. Purtroppo non era Timberlake, ma Maruego e purtroppo non era un bacio, ma un panino con dentro la mela (solo ora mentre lo scrivo mi chiedo: ma che cazzo di panino ha dentro la mela?). E quel dente in realtà era già scheggiato. Ma ehi, a volte uno per rispecchiarsi si deve sforzare.
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Ok, questa era lunghissima quindi mi levo subito dalle palle. Condividi, iscriviti, attiva la campanella e tutte quelle altre cose che dicono i giovani. *grazie mille per il Prime!*