Domani sera devo fare una diretta sul nuovo disco di Sfera Ebbasta, “Famoso”. Così sono partiti i feels, non so se questa cosa che segue potrà interessarvi, Paper Boi mi sembrava il posto giusto dove raccontare tutto ciò.
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Nel 2015, precisamente il 19 giugno, non ero ancora arrivato a Milano. Pochi mesi dopo avrei trovato il mio primo lavoro, avrei finalmente abbandonato quell’incubo che è stata l’università e avrei iniziato un percorso che nella mia testa sarebbe stato molto più lineare e che invece si sta dimostrando essere un casino. Il 19 giugno, non so a che ora, prendevo un treno, arrivavo a Milano e da Stazione Centrale arrivavo a piedi in Barona, proprio a due passi di quello che sarebbe stato il mio futuro ufficio (e in qualche modo la mia casa e la mia palestra). Ma prima di tutto ciò, il 19 giugno, arrivavo finalmente a destinazione, a piedi per l’appunto, sentendomi dire “Zio sei pazzo, non faccio così tanta strada a piedi da mai”. Il 19 giugno scattavo questa foto.
Le doti da fotografo non sono mai state il mio forte, come chiunque abbia due occhi potrà evincere, eppure questa foto che ho ritrovato in un vecchio computer che stavo per buttare e che quindi si sarebbe portato via anche la prova tangibile di questo ricordo, scatena in me un mix di emozioni pazzesche.
Per intenderci, un’altra foto “pazzesca” che ho scattato quel giorno è stata questa:
All’epoca gestivo un sito con una serie di amici, un sito del quale su internet rimane poca traccia. Con queste persone, in qualche modo, avevamo “predetto” o intercettato tutti i passaggi giusti e capito che da lì a breve Sfera e Charlie sarebbero entrati in Roccia Music. Con un po’ di coraggio e altrettanta sfacciataggine scrivemmo a tutte le persone coinvolte dietro questa grossa mossa di mercato, dicendo loro: “Abbiamo capito, che ne dite di annunciare tutto con un’intervista?”. Il giorno in cui ci muovemmo fu il giorno prima di questo annuncio, troppo tardi in qualche modo per far parte del lancio, ma non troppo tardi per organizzare il tutto. Salii, beccai Sfera, Charlie e Marra, feci quest’intervista e scattai questa foto. Ricordo ancora le pare per la modifica all’HDR, le battute sul fatto che neanche una manciata di giorni dopo l’uscita del brano “No Champagne” in bella vista troneggiasse di Taittinger insieme a pacchetti vuoti, mozziconi, powerbank e cavi. Era la prima volta, probabilmente, in cui beccavo Charlie e Sfera, avevo già intervistato Marracash un paio di volte in occasione di Status, il disco che in qualche modo mi ha cambiato “la vita” e non come i poster in cameretta di Hilary Duff nell’immaginario stereotipato da serie TV americana, ma proprio il disco che ha fatto capire a me ed evidentemente ad altri che hanno apprezzato cosa ne uscì, che potevo scrivere di rap come volevo per pagarmi l’affitto. Di quel giorno ricordo ancora la Panda di Charlie ed io, seduto nei sedili di dietro con le ginocchia in bocca, che mi faccio accompagnare in stazione “dai zio non puoi fartela a piedi anche al ritorno”.
Mentre Sfera entrava in tendenze in qualcosa come una ventina di nazioni grazie al suo singolo con J. Balvin, io pensavo a questo e sorridevo.
Ci ho riflettuto tanto (circa 5 ore, che fidatevi, è tanto per me) se scrivere o meno questa cosa. Sicuro alcuni di coloro i quali hanno iniziato a leggere hanno già mollato per eccesso di mitomania e li capisco, è stato anche difficile ponderare le parole, i ricordi, per calibrare al massimo la pesantezza del racconto. Il senso di quanto sta scritto sopra, non vuole essere - e che fastidio rendersi conto di non essere in grado di far passare in maniera implicita questo concetto, ma la Musa non fa visita a tutti - un gonfiare il petto di Pippobaudiana memoria. Potrei spendere altre mille battute per spiegare quanto voglio spiegare, un link può farlo meglio di ogni altra cosa.
Nel 2015 Sfera iniziava a essere qualcuno, io non ero nessuno. E non “nessuno” a livello di fama, ma nessuno a livello di comprensione di me stesso. Non sapevo cosa stavo facendo, perché lo stavo facendo, cosa avrei voluto fare: mi piaceva il rap, mi piaceva scrivere, mi piaceva entrare gratis ai concerti, come negli anni prima avevo fatto con lo stadio e la Sampdoria. Cosa c’era di meglio? Ma non sapevo ancora se fosse possibile, se fosse reale o come per Biggie, se fosse tutto un sogno.
Negli anni, specie con Charlie, le strade si sono incrociate un paio di volte: è con una sua intervista che sono finito in edicola, ho fatto parte con lui e altre persone di una redazione radiofonica per un anno, mi ha ospitato per farmi conoscere quell’artista bolognese con cui ero andato in fissa perché cantava le prodezze del “Casco Momo” in maniera così naturale, abbiamo fumato decine di Camel e anche decine di tentativi di iQos - non so se lui regga ancora, io ho desistito. Mi fa ridere ricordare queste cose, perché parte del luccichio del mio approdo a Milano, all’inizio, è stata proprio la possibilità di uscire con quelli che ritenevo i rapper più forti e più freschi del momento, beccarli al Rocket o da BorderLine, come anni prima beccavo i Dogo e li guardavo da lontano con la speranza che gli sguardi si incrociassero.
Negli anni ho scritto di loro in ogni salsa, ho scritto di loro persino in francese, grazie all’aiuto di un collega transalpino, ho seguito la loro crescita passo passo, da lontano, pensando “cazzo, si prenderanno tutto”. E così, mentre ancora noi qui impazzivamo per Bad and Boujee, Sfera iniziava a collaborare con Quavo. E mentre realizzavo che forse Offset > Quavo, ecco che Sfera arrivava a collaborare anche con Offset, per fugare ogni dubbio.
Negli anni, con questa cazzata di essere giovane e fresco e della volontà di “uccidere il padre”, mi sono preso una marea di insulti e screzi, ma ci credevo così tanto che questa cosa sarebbe arrivata più in alto di dove potevamo anche solo immaginare, che ora mi sembra scontato che l’abbia fatto. E alla fine, oltre che per non buttare nell’oblio due fotografie (sono molte di più ma queste sono le meno peggio), questa puntata è una sorta di mea culpa: molto spesso mi lamento di come, quando e perché ci sia arrivata e probabilmente continuerò a farlo. Probabilmente questa cosa (il rap, la trap, la nuova scuola, la generazione post-muretto, chiamatela come volete) è arrivata dove è arrivata senza rispettare i miei crismi, le mie regole, a volte ahimè anche il mio gusto. Però, pensando a 5 anni che sembrano 30, un po’ anche sticazzi. Ci è arrivata, partendo da zero. E al di là delle analisi entusiastiche fatte di numeri, di tentativi di comprensioni di strategie che vedo spuntare fuori da ogni angolo su ogni social a cui io sia iscritto, che non mi interessano e mai mi interesseranno, un mio amico - uno di quelli che il Borderline l’ha vissuto praticamente in prima persona - ha scritto una cosa che forse sarà banale, ma che trovo profondamente vera: “Sticazzi se sia o non sia la vostra musica, Sfera è uno di noi, era uno di noi. Brindiamo al suo successo”. Ed è vero. Con lo champagne o senza, forse è arrivato il momento di brindare al successo.
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Spero vi sia piaciuta, sono andato lungo, la chiudo qua. Bella (iscrivetevi o fate iscrivere i vostri BRODI).