Yaaaawn. Svegliato da epocale letargo, torno da voi con un articolo sugli hot topic di due settimane fa. Come sempre il miglior modo per rimanere aggiornati è Paper Boi, la newsletter che ti racconta ciò che succedeva nel 1800 come se fosse successo ieri. Partiamo.
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Se siete tra quelle persone che hanno in testa la doppia ;), sicuramente avrete intercettato, o seguito come se ne costasse della vostra stessa vita, tutte le vicissitudini legate a due fatti abbastanza totalizzanti dell’ultimo periodo, che vi metto di seguito in un comodo elenco puntato:
• Kanye West e i suoi release party di DONDA, il nuovo disco, l’ennesimo wanna-be Detox della sua vita, che uscirà (forse);
• Salmo e il suo live a Olbia come Dj Treeplo e annesse polemiche.
Ecco, tutto quello che riguarda il vocabolo “polemiche” lo estirperei da questo ragionamento: qui non saprete mai se penso che Salmo sia un artista perché rompe le regole, se sono d’accordo con F***z, se ho mai fatto una storia polemica taggando Franceschini, come mi vivo i concerti da seduto. Sono temi molto complessi, non ho le competenze di analizzarle, potrei dirvi la mia opinione da bar, ma per quella c’è, per l’appunto, il bar.
Quello che segue è un gioco, figlio di un ragionamento sul grosso elefante della stanza della musica degli ultimi anni: ha ancora senso il disco? L’occasione che i rotocalchi di Instagram parlassero contemporaneamente di due personaggi che, al di là dei gusti musicali del singolo, hanno in qualche modo messo in discussione - ognuno con il proprio impatto, ovviamente - il formato disco (per primi? meglio? non lo so, lo hanno fatto, mi hanno colpito, smettetela di farmi mettere le mani avanti e giustificare ogni mio tentativo di divertimento), mi ha fatto venire in mente il ragionamento che segue. Spero che mi seguirete anche voi, mi direte la vostra e - se fate parte di una qualche struttura che può darmi abbastanza soldi per prendermi un anno sabbatico alle Azzorre col belino al vento - mi chiediate il mio IBAN per quanto sto per suggerire.
The Life Of Pablo è il disco di Kanye preferito di chi ne sa, volevo trovare una formula tipo “il rapper preferito del tuo rapper preferito” ma non l’ho trovata. Lo è, indubbiamente, perché è un disco molto valido, con alcuni dei pezzi più interessanti della carriera di Kanye, ma al di là dell’aspetto musicale, lo è per un motivo. Nel 2016 in tutto il mondo abbiamo ormai dato per scontato o stiamo per che il disco, se voglio ascoltarmelo, lo ascolterò in versione digitale, in maniera “fluida”, magari neanche con le tracce in ordine. Se dovessi comprarmi la versione fisica di qualcosa, a quel punto anziché il compact disc mi comprerò il vinile perché è molto più simile a un quadro piuttosto che a un francobollo. Eppure, nonostante sia un processo praticamente interiorizzato - figuriamoci oggi dopo 5 anni - all’epoca era cambiato il modo di fruizione dei dischi, ma non il modo di concepirli. In breve: un disco era ancora un prodotto che finiva una volta che finiva il master, come se davvero potesse essere solo inciso. Sì, per carità, esistono repack, deluxe edition, versioni remastered, ma già dal sottotitolo, dalla descrizione aggiuntiva, sono praticamente prodotti a parte. Se stessimo parlando di un videogioco, sarebbero DLC, non aggiornamenti: aggiungono elementi ma non intaccano la spina dorsale del gioco, che può essere ancora giocato e goduto nella sua versione originale.
The Life Of Pablo è stato, per Kanye, uno stream of consciousness. Oggi possiamo aprire Spotify e trovare la versione definitiva (?), ma dalla sua uscita a oggi questo disco è mutato, è cambiato, ha visto cose aggiunte, cose tolte. È diventato fluido, come fluido è il modo in cui lo ascoltiamo quando siamo in giro. È un cambiamento così epocale, da esserci entrato sottopelle in maniera quasi silenziosa. Nessuno oggi elogia questo disco per questi motivi, eppure - prendendo due esempi recenti e italiani per atterrare anche nel nostro piccolo orticello il ragionamento - la title track di Famoso di Sfera Ebbasta viene aggiunta al disco quando già questo era certificato, Shiva con il suo ultimo disco ha inizialmente rilasciato una versione senza featuring, con il giustificativo dell’intimità, per poi dalla settimana immediatamente dopo, andare ad aggiungere un featuring a settimana, per andare a completare il puzzle. E se prima qualcuno protestava “ma così se compro il disco fisico all’uscita avrò sempre un progetto monco”, oggi questa cosa non fa neanche clamore, non viene neanche annunciata, spiegata: esce un nuovo singolo poche settimane dopo l’uscita del disco? So già che la troverò in cima alle tracce dell’album, pronta ad essere ascoltata e ad accompagnarmi a un altro giro di stream per questo progetto.
Tra Kanye e Shiva, mai avrei pensato che avrei scritto questi due nomi vicini, e le loro intenzioni, passano ovviamente degli oceani di differenza, TLOP risultava nelle prime settimane foriero di confusione, di certo il suo essere in costante aggiornamento non era una rincorsa alla certificazione, al numero, allo stream. E magari si sarebbe arrivati a questo ragionamento e questo modus operandi anche senza il paradigma di Kanye, è anche vero però che per storicizzare credo serva mettere dei punti e il disco arancione del rapper di Chicago per me è un grosso dot sulla linea del tempo.
Da quel tipo di esperienza - e con due dischi in mezzo da cantante e diversi da producer - oggi arriviamo a DONDA. Cos’è DONDA? La risposta più impulsiva sarebbe quella di dire che è il nuovo disco in uscita di Kanye West. La realtà, però, escluso un link presave su Apple Music che aggiorna la data di uscita ogni manciata di secondi (l’ultimo update ci dice settembre) è che non lo sappiamo. Per ora DONDA è stato un miraggio raccontato da alcuni tweet entusiasti, due (più una in arrivo in settimana) esibizioni live che han fatto sì che gli autori di quei tweet entusiasti ci dicessero: “Ragazzi, non è il disco che abbiamo ascoltato noi” e infine una quantità spropositata di rumor. L’ultima notizia che abbiamo a riguardo è uscita ieri sulle pagine di Genius: Kanye West sta vendendo uno Stem Player che permetterà agli utenti di personalizzare ogni traccia di DONDA. Cosa significa? In pratica Mr. West sta per mettere in vendita un apparecchio da 200$ che ti permetterà di creare il tuo “personale” DONDA, di scomporlo, remixarlo, di farti ispirare, di dissezionarlo.
Per cui alla domanda che ci facevamo sopra - cos’è DONDA? - a mio modo di vedere possiamo rispondere con delle ipotesi e la mia, per quanto sensazionalistica, è questa: è il nuovo modo in cui Kanye West pensa che fruiremo della musica da qui in avanti.
Arrivati a questo punto vi chiederete cosa c’entrasse Salmo in tutto ciò. Ci arriviamo. Per dimostrare questa ipotesi, mi sono divertito a immaginare come l’approccio che Kanye sta avendo per DONDA potesse avere risvolti sulla musica mondiale e - mentre elucubravo per combattere la noia dell’estate in città di Vasco e Marra - Salmo ha ben deciso di fare un live a Olbia.
Facciamo un passo indietro: prima ho sostenuto che Salmo sia uno di quegli artisti che ha messo in discussione, in maniera più o meno indiretta, il senso di fare un disco oggi. Nella prima e unica volta in cui l’ho incontrato per un’intervista, che era più un ranking dei suoi dischi, chiudeva la chiacchierata con una nota molto amara, ma che trovo un’analisi abbastanza lucida:
”Il fatto di fare i dischi fisici andrà a morire. Solo in Italia questa cosa resiste, in giro per il mondo i dischi non esistono. Questa roba di Telegram, di dischi spoilerati, è un altro esempio lampante (come per praticamente tutti i dischi da qualche anno a questa parte, anche quello di Salmo ha girato su Telegram prima dell’uscita, nda). Ti fa capire che prima di tutto la musica ormai è gratis, la musica è un incentivo per venire a vedermi live, il guadagno è nei live, non nella discografia che sta morendo, non ci sono più soldi.
È strano che debba essere io a spiegare alle multinazionali e alle etichette come si lavora. L’unico modo per non spoilerare il disco sarebbe far uscire prima il disco digitale e poi quello fisico. Sai perché succede questa cosa dei dischi spoilerati? Tu quando devi far uscire il disco lo mandi ai distributori e i distributori hanno dei figli che gli rubano i dischi. Oppure, non dovrei dirlo ma te lo dico, c’è stato un errore di Amazon, hanno spedito i dischi in anticipo: così questi hanno preso i pezzi e li hanno messi online. Come si fa a non capire che è un problema? Le multinazionali fanno uscire il disco e poi si disperano per gli spoiler. Devi capire che c’è un sottobosco su internet e questa gente ti incula.
Basta fare dischi, i dischi non funzionano più. Playlist, il concept, è perché la musica che facciamo viene smembrata e messa negli scaffali più disparati: nessuno si ascolterà tutto il disco. Diverse persone prenderanno diversi pezzi e li metteranno in diversi contenitori.”
È indubbio che qui le motivazioni, ancor prima che artistiche - motivazioni che arriva solo nelle ultime tre righe - ci siano delle ragioni di mercato, eppure c’è un’analisi, una spinta, una motivazione. Prima dell’uscita di Playlist, Salmo tuonava a gran voce che quello sarebbe stato “il suo ultimo disco”. Qualcosa di diverso dallo “smetto di fare musica” e la sottile differenza la potete capire dall’estratto sopra riportato. Smetto di incidere dischi, non di registrare canzoni.
Poco prima del live di Olbia, che prenderemo in analisi come se fosse un live avvenuto nell’agosto del 2016, a nome Dj Treeplo, su YouTube usciva questa traccia:
È una traccia che potremmo definire “a caso”, non so se sia uscita per continuare anche live la gag di Dj Treeplo, se sia uno scarto di qualcosa di più grosso a cui sta lavorando Salmo che non voleva buttare nel cesso e dunque ha messo comunque online, se sia invece un provino, un tentativo: vi piace? non vi piace? parliamone.
Ed eccoci finalmente che arriviamo al gioco a cui ho giocato in questi giorni: come mi piacerebbe che fosse la promo del prossimo progetto di Salmo o - per restare in tema - come DONDA potrebbe influenzare Salmo.
Presupposti: siamo in un immaginario in cui non esiste la pandemia. What If etc etc.
È indubbio che uno dei valori universalmente riconosciuti a Salmo sia quello di saper suonare live come, se non addirittura meglio, che su disco. Ok, come si restituisce un’esperienza di pura sorpresa, unica, inimitabile, rara e imperitura all’ascoltatore? Potrebbe essere interessante organizzare, annunciandoli out of the blue o quasi, una serie di concerti. Non fatemi ragionare su capienze e cose simili, non sono un promoter. Se vi gasa immaginarvelo a San Siro lo facciamo lì, se preferireste al Devil Kiss Rock Club di Olbia in via Luigi Galvani 56 (ha 4,5 stelle su Google, se siete lì magari provatelo, è il terzo risultato, io non so neanche se esista veramente) figuratevi Salmo seduto sul bancone che canta e coccolatevi nella vostra capacità di ritrovare intimità anche nella fantasia.
Questa serie di concerti vedrebbe una serie di inediti cantati sul palco, con una sfilza di ospiti pronti a cantare le loro strofe, i loro ritornelli e chi più ne ha più ne metta. Ogni data parte dagli stessi inediti - immaginiamocene 12/15 come se fossero le canzoni di un disco - ma in ogni data alcune componenti di questi inediti sono diverse: nella prima data, per esempio, a cantare la seconda strofa del terzo brano, prodotto da Low Kidd, sale Gemitaiz. Nella data successiva, quello stesso brano ha un beat proprio di Salmo e questa volta, dal backstage, spunta Fibra: la seconda strofa in questo caso è compito suo. Quasi come in un librogame, o in Bandersnatch, il film a bivi di Netflix, il pubblico ha la possibilità di “scegliere” i brani più belli, tutto questo grazie alla risposta, sia essa live, sui social nei giorni dopo, grazie magari ai video che compaiono in rette fatti con il cellulare, per provare a regalare a internet l’illusione di star vivendo quel momento. Tutto ciò che “viene scartato” ha comunque un suo valore artistico, rimane un momento di entusiasmo nella vita di 10, 100, 1000, 10000 o addirittura 100000 paganti, che avranno la possibilità di ascoltare quel brano live e vivere di quel ricordo.
Le vie successive sono infinite: quel disco potrebbe avere una sola versione studio, ma potenzialmente illimitate versioni live (ogni città che ha visto il live potrebbe avere la sua versione del disco), il disco sarebbe così la fine di un percorso, anziché l’inizio, sarebbe quasi come mettere in piazza parte del processo artistico che c’è stato in studio, adattato e studiato.
Questa è un’idea, un gioco, il tentativo di rendere concreto un cambiamento che vedo ma che ancora non riesco ad afferrare partito da questo hype intorno a DONDA. Hype che non riesco ad avere, non perché il tutto non m’interessi ma perché, per qualche ragione, sono convinto che DONDA lo si stia vivendo adesso, che la data di release sia quasi e praticamente solo un dettaglio.
Sono anche sicurò che arriverà un momento in cui sarò in grado di scrivere delle conclusioni degne di questo nome a questi pezzi, ma non è questo il giorno.
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Bene, questa era Paper Boi, non so da quanto non uscissi, credo diversi mesi. Non giudicatemi, la vita è così. Detto questo, spero di aver messo insieme un ragionamento che fila, se volete discuterne possiamo sentirci qui - basta rispondere alla mail, salutatemi con formule tipo Distinti Saluti - o su Instagram, lo linko qui. Come sempre se ti è piaciuto questo sproloquio e lo dici a* tu* amichett* mi rendi mega felice. Ciao (eccoti un’altra pesca: 🍑)