Cosa c’è di meglio per ricordarsi che anche là fuori c’è un mondo di un bello sguardo nel paese reale? Nulla, ve lo dico io. Perciò eccoci, buttiamoci di testa nel mondo di J-AX. Felici? Questa è PAPER BOI.
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Ieri mi sono sparato all’incirca un’ora di J-Ax negli studi di TRX Radio, in quella che dovrebbe essere un’intervista ma che in realtà è la dimostrazione di quante parole possa dire il detentore del record mondiale in un’ora. Paola Zukar prova a condurre l’intervista - e quando ci riesce tira fuori questioni interessanti dalla bocca dell’ex Articolo - ma spesso la voglia di esercitar la propria favella del signor Aleotti prende il sopravvento e si finisce a fare un viaggio a cavallo nel Texas. L’intervista in onda da qualche settimana sulla radio che ha come simbolo un dinosauro e online su YouTube da ieri, è solo la scusa per metterci a sedere e ragionare, per l’ennesima volta, su Alessandro Aleotti. Dopo un periodo di perdizione e di allontanamento, dovuto a ovvie ragioni che non espliciteremo (inizia per F e finisce per edez), sembra che sia tornato quel momento in cui se fai parte della scena, devi rispettare il socio (o ex socio, l’ex ex socio dai) di DJ Jad.
L’intervista a Ax
Bene, quindi che è successo a Ax? Dividerò questa newsletter a blocchi, alcuni seguiranno il flusso di ragionamento, altri no perché questa è la mia newsletter e faccio ciò che voglio. Pazzesco, no?
HIPSTER SCUM
Sono molto legato a J-Ax, perché è la prima persona (dopo Fred de Palma, in realtà, che però non fece il mio nome) che mi ha dissato pubblicamente. E diciamo che è un bel badge avere un beef con il frontman degli Articolo 31, no? Ma ciò che mi lega particolarmente a questa cosa è una: questo tweet rispecchia perfettamente quello che ai miei occhi è il personaggio di Aleotti, se escludiamo il dito medio :skin-tone 3:, che non so se possa valere come black face.
Per questo tweet, fino a qualche mese fa, ricevevo in direct insulti da axolina99 o simili che mi dicevano di non poter toccare “lo zio” e che dovevo farmi i fatti miei, giornalista da strapazzo.
Ricapitoliamo: il 1° agosto 2016 ho scritto per VICE, quella che all’epoca era la mia redazione, una recensione di quello che tutt’ora è l’episodio che più mi è rimasto impresso di Bojack Horseman. È un articolo di cui all’epoca andavo molto fiero, oggi non sono riuscito ad andare oltre il primo paragrafo, si chiama “Dovremmo tutti vedere questo episodio di Bojack Horseman” e come qualsiasi cosa che io abbia scritto per il primo magazine a illudermi che questa cosa potesse diventare un lavoro, i feedback furono una marea di insulti nei commenti e qualche messaggio interessante in privato. Era appena uscita la terza stagione, Bojack stava lentamente finendo il suo percorso di trasformazione da nuovo Simpson a nuovo Mad Men, stava ciò diventando una vera e propria serie televisiva.
Pertanto, presumo che l’ufficio marketing della sede centrale di Netflix abbia alzato il telefono, contattato chi si occupa di marketing in giro per il mondo e abbia detto: “Ehi, che ne dite di coinvolgere un talent nel vostro paese e spingere la serie che probabilmente ci lancerà nell’iper-spazio?”. Il risultato fu questo.
Ora, nonostante la maggior parte degli articoli io li abbia scritti per Noisey, come direbbe un personaggio di Ultras di Lettieri “appartenevo a VICE”. Per farla breve: i pezzi redazionali di Noisey non erano affar mio, perché era affar mio occuparmi di quelli di VICE (segnalazioni, traduzioni etc etc). In sostanza, qualcuno della redazione di Noisey decisa di prendere l’illustrazione qua sopra, scrivere un qualcosa di edgy e farlo uscire a nome “Redazione”, come solitamente si fa con le news, i pezzi veloci e così via. Per farla brevissima: non trovando il nome di nessun autore su quel pezzo, Ax decise arbitrariamente che dovessi averlo scritto io, unico autore di pezzi su Horseman su VICE, come se fossi un Bojack editor o qualcosa di simile.
Quello era un periodo strano della vita e della carriera di Ax, che era all’epoca socio di Fedez. Ovviamente la sbottata di quel tweet veniva da qualcosa di pregresso, che non ho mai capito cosa fosse, nonostante ci siano colleghi o ex colleghi che mi riferirono all’epoca che il frontman degli Articolo e l’ex Tanta Roba tirarono frecciatine “a un blogger 20enne di VICE amico di Marracash”. Non so se questa roba sia vera, perché non l’ho mai verificata, ma l’anno precedente al 2016 era quello dell’uscita di Status, un disco su cui ho scritto molto e che in qualche modo mi ha spinto a fare delle riflessioni molto simili a quelle fatte poco prima di aprire PAPER BOI. Ovviamente non sono amico di Marracash, ma quel periodo mi portò a confrontarmi con lui e le sue idee, in varie interviste e recensioni - quell’anno credo di aver scritto almeno 6/7 articoli su Status, quelli a cui sono più legato sono uno sul defunto Prismo (RIP) e uno sul sito della SIAE, ve li lascio (hanno lo stesso titolo, lol).
Questo tweet, dicevamo, rispecchia appieno quello che prima di mettermi a documentarmi su J-Ax pensavo di lui: è ossessivo, anche nella sua discografia, l’odio verso i blog, chi critica, chi scrive, chi lo etichetta, è costante per lui passare dalla parte del reietto, del debole. In quel momento lui era l’artista più venduto d’Italia, io un 22enne sbarbato appena arrivato a Milano con uno stipendio da stagista che serviva giusto a pagarsi l’affitto di un monolocale e la spesa. Davvero era lui il debole nel confronto?
MARR-AX
Lo sapevate che in Marracash, il disco omonimo e d’esordio del rapper della Barona, la parola “fra” compare 63 volte, la parola “badabum” compare 34 volte, mentre “zio” solo 23 volte?
Il mio feticismo per i dischi fisici, quindi la plastica - perdoname por mi vida loca - mi ha portato più volte a consumare le confezioni degli album prima ancora che il dischetto di plastica da mettere nel lettore. A casa ho triple, quadruple copie di dischi perché solo vedergli sugli scaffali mi faceva pensare “devo averlo”, salvo poi averlo già a casa, e so più testi a memoria dei dischi vecchi piuttosto che dei dischi nuovi perché leggevo i booklet come fossero libri.
Grazie a questa mia devianza, ho scoperto fin da subito che J-Ax ha dato una mano - non so in che termini e che misura - per il primo disco di Marra, tanto da far sì che il logo “Willy L’Orbo” fosse apporto tra quello della DOGO Gang e quello di Universal.
Il rapporto tra la DOGO Gang e J-Ax è qualcosa che mi ha sempre lasciato stranito, questo brano ne è l’esempio tangibile.
”Brucia Ancora” è uno di quei pezzi che ho ascoltato fino a farmelo avere a nausea, per poi recuperarlo anni dopo e ripetere in loop la situazione. Eppure, fin da subito, mi sono chiesto: perché? Perché degli zarri fieri di esser zarri, con la loro irruenza e voglia di demolizione, con l’esigenza di staccarsi dai canoni italiani e italici, hanno più volte propsato J-Ax e ospitato Ax nel loro disco della consacrazione - e poi in quello del declino?
Anche nell’intervista per TRX, che è stato lo spunto decisivo per rimettermi a pensare su Ax e cosa significhi Ax per il rap italiano, Aleotti parla di come si senta con Marracash, di quanto il miglior rapper italiano a suo dire, Jake, lo ritenga uno dei suoi mentori.
Io anche sono cresciuto con Ax, per scrivere questo articolo sono andato a recuperarmi anche i suoi singoli da solista, e mi sono reso conto di saperli a memoria, mi ricordo ancora i pomeriggi prima di buttarmi in vasca per allenarmi a cantare “Senza Regole” con uno dei miei migliori amici dell’epoca, eppure l’ho sempre ritenuto un gradino sotto i DOGO, due almeno sotto Marra. Specialmente quella da solista, l’ho sempre ritenuta musica di sottofondo, qualcosa che anche oggi se riascolto, riascolto per un legame affettivo - cosa che invece non succede con “Tempo” o “Chiedi Alla Polvere”, che ascolterei con la stessa fotta anche se fosse la prima volta in vita mia che metto play.
L’unica spiegazione che mi sono dato, è anche quella che sarà il cuore del prossimo paragrafo: Ax ha fatto due cose fondamentali, senza merito o comunque nolente, per la scena italiana. Si è preso la merda per essere diventato mainstream senza mollare, cosa che Tormento - decisamente più forte di lui - ha fatto, e si è sempre dipinto come “l’anti”. Lui era S.N.O.B. I DOGO sono stati probabilmente i più bersagliati del rap italiano, ricevendo fuoco “amico” (celebre lo scontro con gli Assalti Frontali per mezzo di XL) che non (la stampa tradizionalista non ha mai capito come parlare di soldi e droga potesse essere fare musica). Così, in una sorta di sindacato dei blastati, ecco che Ax e i DOGO si riconoscono l’uno negli altri e iniziano un sodalizio che oggi parrebbe ripreso.
(Non riesco più a mettere due linee, Substack ti odio)
DALLA PARTE DEL TORTO
Riascoltare vecchi singoli di Ax e capire se davvero stavo sbagliando io ad averlo cancellato dal mio radar o se invece davvero, arrivati a un certo punto di realizzazione personale e di carriera sia normale lasciar perdere i vecchi dissidi e recuperare invece l’ancor più vecchio rispetto sia normale per il quieto vivere, è stata un’esperienza mistica.
Mi perdonerete se mi auto-cito di nuovo, ma ehi questa è la mia newsletter. Sempre nel fatidico e fantastico A.D. 2016, scrissi un articolo - brutto - su Max Pezzali e il suo eterno riciclarsi. Mentre scrivevo quel pezzo, probabilmente, avevo tra le dita la risposta a tutti i miei quesiti su J-Ax.
Capita sovente, se lo avete sentito parlare più di una volta, che in un modo quasi fiero, Aleotti rivendichi alla fine di avere più a che spartire con gli 883, piuttosto che con i colleghi. È una forma classica, quasi quanto quella delle metafore partorite con Bucknasty per intenderci: una cosa innocua, a volte anche controproducente, che passa come una grande verità, come un gesto di ribellione totale.
Qualche tempo fa Instagram mi ha consigliato un video di Scherzi a Parte, protagonista J-Ax. Era del 1997, non avevo nulla da fare, per qualche motivo l’ho guardato. In questo scherzo convincono Ax che sarà obbligato a fare la leva militare ed è bellissimo, a tratti commovente senza un filo di ironia, quanto un giovane J-Ax che all’epoca aveva l’età che oggi ho io, si batta per ciò in cui crede. Senza stupide dietrologie: dev’esserci stato un momento in cui J-Ax era davvero anti qualcosa.
Nella prima redazione della frase precedente avevo usato il verbo “credere”, ma probabilmente era errato: sono sicuro che J-Ax, ancora oggi, si creda anti. Sono convinto che lui sia sicuro di essere stato anti per tutta la vita.
Paola Zukar nella sua intervista cita le quattro vite che il suo interlocutore dice di aver vissuto. Si vede che nella testa di Aleotti quelle quattro vite siano tali perché si sente buttato giù e poi risalito con le sue sole forze. Agli occhi di un esterno, come il sottoscritto, quelle quattro vite - che probabilmente sono di più - sono semplicemente opportunità che il nostro ha sfruttato per essere mainstream e sulla bocca di tutti. Legittimo, ma poco da anti.
Le fasi della vita di Ax:
• Articolo 31, giovane fattone un po’ edgy, arrabbiato con il potere e le istituzioni. In questo periodo si contano: la pubblicità per una multinazionale, un dissing con Adriano Celentano, un film sulla propria vita.
• Rap’n’Roll, prima di Mark The Hammer, nella vita di Ax c’era Guido Styles. Ax molla il rap, si mette a fare i ̶F̶i̶n̶l̶e̶y̶ Blink 182
• Ritorno al rap: appena i DOGO iniziano ad andare up, J-Ax si attacca al carro prima di Marra, poi di Gué e soci
• Nostalgico: I vecchietti fanno OOOO, Meglio Prima, DecaDance. Sono tutte canzoni che giocano sul fatto di “vi ricordate di vent’anni fa, quando ero giovane e non ero costretto a mettermi un cappello per nascondere la pelata?”
• Pop: Suor Cristina, Amici, Fedez.
• Il vecchio texano pazzo: avete mai visto il video di J-Ax in cui difende la legittima difesa mentre cammina per un hotel? Bene, non fatelo. Era il periodo dei My 2 Cents.
• Il solito vecchio Ax: ritorno con gli Articolo, disco col nome di battesimo, citare gli amici di un tempo in continuazione.
Questo suo continuo reinventarsi ha come fil rouge quello di sentirsi sempre dalla parte dell’accusato, di essere quello che combatte i “Poteri Forti”, della musica, dell’intrattenimento, del buon senso. Lui è sempre contro, è sempre anti. Eppure da 30 anni è sulla cresta dell’onda.
IL SUO DISCO
Di Ax, dunque, sono stato un fan. Ho anche preso uno schiaffo da uno dell’Accademia delle teste dure perché provai a stare in prima fila a un concerto all’Arena del Mare senza far parte del club. Eppure io Re-Ale ho provato ad ascoltarlo, ho provato a leggermi i testi, e niente, non ci riesco. Mi sembra davvero difficile riuscire a dare credibilità a un personaggio che non ha fatto molto per mantenersela, più che meritarsela. Ha una storia gigante, che starei ad ascoltare per ore - se appunto lasciasse parlare gli altri - ma Re-Ale non è un ritorno, non è nulla. È un disco brutto, di un artista bolso, che ha provato a tornare a far parlare di sé persino tornando sui suoi passi come chiedeva di fare a Celentano rimettendo insieme gli Articolo. J-Ax è letteralmente ovunque, dai video di Surry dei Mates - tanto da avere uno dei migliori amici dello youtuber come smm - fino al Blue Notes per fare il blues man. E mi rendo conto di essere diventato l’orso della montagna, ma forse le sue cartucce le ha usate tutte. No?
Tutto questo, comunque, nasce da una profonda gelosia per il mio ex collega Mattia Costioli, che da un rant come questo - più simpatico - ci ha guadagnato un pranzo e soprattutto è una vendetta per cui quella volta in cui lavoravamo a The Voice insieme - per puro caso, io con un altro artista - J-Ax fece vedere le foto del figlio a tutti, inclinando il telefono in modo tale che io non potessi vederle. Ci sono rimasto male.
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Questa era PAPER BOI, non so se sia una puntata sconnessa, volevo raccontare un paio di episodi di vita vissuta, tirare giù un paio di pensieri che avevo in testa e dunque l’ho fatto. Ormai un anno e mezzo fa scrissi un’analisi simile su Fedez, un personaggio sicuramente molto più discutibile, che trovate qua, qualora vi andasse di leggerla.
Come al solito se vi è piaciuta potete consigliarla ai vostri amici, così avete una scusa per videochiamarli e sentirvi meno soli, vi lascio come (quasi) al solito il bottone per Instagram, perché sì.