Devo sfogare dei sensi di colpa. Dove se non su Paper Boi? Bentornati!
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Ora, non mi vivo assolutamente nulla con leggerezza. Nello scrivere questo articolo ci sono una serie di voci nella testa che mi parlano, segno che uno probabilmente la via che fa sì che la sanità mentale rimanga una certezza e una costante nel mio caso è più impervia che nella media, due - come detto - non mi vivo nulla con leggerezza. Come forse avrete capito dal titolo, questa newsletter parla di Kanye West. Pensavo di aver scritto molto di più su quello che, a conti fatti, è il mio artista preferito, invece se non erro solo il 5% di queste pagine parlano del rapper/producer di Chicago.
Quello che voglio dire, come le voci nella testa di cui sopra, non ha una forma precisa, come dicevo nell’intro mi sento in colpa, non so neanche se sia il modo giusto di descrivere questo stato d’animo, però forse è il più immediato.
Tre giorni fa è uscito il video di una delle mie canzoni preferite del momento, una di quelle che mi ritrovo a canticchiare ancor prima di capire cosa sto canticchiando. Sto (ovviamente) parlando di “Eazy”, il featuring tra The Game e Kanye West.
Qualora non lo aveste visto, vi consiglio di guardarlo prima di continuare a leggere, anche se già solo la preview è abbastanza eloquente.
Questo video contiene una storia che andremo a raccontare, una storia che in questi giorni sicuramente, se conoscete Kanye, avete già sentito, una storia che parla di un’assenza, come esemplifica questo passaggio del video, citazione a uno dei miei pezzi preferiti del nostro, nonché l’unico video a cui io abbia mai messo like nella storia di YouTube.
Nel video in questione, che da adesso do per scontato abbiate visto, The Game canta seduto comodamente su una bara, dalla quale risorge nei primi secondi del girato. Poi gira su una Cadillac con Eazy-E, dedicandogli tra l’altro delle barre molto sentite, molto profonde, a lui come a i Young G, quasi una problematizzazione della violenza. Mentre canta queste cose, lui e l’ex NWA scavano una fossa, per conto di un uomo totalmente incappucciato, nel suo ormai classico look di Balenciaga.
Quando compare la moto “vuota a metà” di Kanye, l’ex marito di Kim Kardashian si chiede: “How I ain't bring nothin' to the table when I'm the table?”.
Ora, ho sempre odiato quella retorica che ci racconta che Kanye sia “in evidente difficoltà”, che abbia “bisogno d’aiuto”. Non nego sia così, non ho una laurea in psichiatria e non credo di poter sapere cosa sia meglio per una persona che non conosco, ma è innegabile che quello che rappa sia un Kanye ferito, che il vuoto sulla moto sia reale nella sua vita. Quindi anche nel tentativo di essere “positivo” - ma non troppo, ci sono frecciatine al fatto di raccontare la propria vita via cavo, così come sull’errata condotta che ha preso il “parenting” da quando non vive più coi suoi figli - si sentono le urla strazianti di un uomo ferito. Poi arriva la barra che appunto, all’epoca, era solo una barra, che diventa poi l’epica del video, del pezzo, della vita di Kanye oggi. “God saved me from that crash, just so I can beat Pete Davidson's ass”.
La Dark Polo Gang, a un certo punto della sua esplosione, iniziò a usare l’espressione: “Siamo la tua serie TV preferita”, ed effettivamente era così. In quel periodo, quello dell’esplosione definitiva di Instagram, grazie anche alle storie, il quartetto romano era riuscito a scassinare l’estetica del rapper, esasperando e quindi in qualche modo ridicolizzando uno dei temi centrali del genere con forse più caratteristiche narrative dei tempi moderni: l’esagerazione. La DPG era esagerata nelle espressioni, nel vestire, nelle movenze. In tutto. Quell’esagerazione esasperata è diventata poi, da un’accusa sottesa, una delle chiavi di volta nel successo del rap: oggi chiunque esagera, e va bene. Abbiamo già parlato più volte di questa cosa, però appunto, oggi ci sono rapper che si atteggiano da Crips, che dicono di aver guadagnato un milione in pandemia, e nessuno vuole che queste cose siano vere. Come fecero i Soprano’s con The Wire, come fece Breaking Bad con i Soprano’s, sono semplicemente “la nuova serie TV preferita”.
Questo piccolo intermezzo per spiegare una sorta di approccio. Ora, in apertura parlavo di senso di colpa, il motivo è banalmente che questo video mi ha gasato. Mi ha divertito, mi ha intrattenuto, mi è sembrato avere una bella storia, molto forte, certo, ma sicuramente intrattenente. In brevissimo - perché so che alcuni di voi ancora non si sono decisi a guardarlo - la fossa che scavano Eazy-E e The Game serve a Kanye West per sotterrare un Pete Davidson in plastilina, piantare delle rose sul suo corpo e potare queste rose. Il video si chiude poi rassicurandoci sul fatto che ora tutti stanno bene, eccetto Skete, l’aka con cui Ye ha deciso di farci conoscere il comico che nel 2018 lo accusò di usare la sua precaria sanità mentale per comportarsi da “jackass”, da stronzo.
Questo video mi ha gasato perché per me è apparentemente finzione. Nel senso: se non esistessero i social network, non avrei minimamente idea di come Kanye West si stia vivendo la presunta nuova relazione di sua moglie. Eppure in me, da qualche parte nel cervello, c’è qualcosa che mi fa dire “‘sta storia non può che finire davvero così”. Magari senza la parte delle rose.
Non c’è - come al solito - una vera riflessione. Ieri, parlando di questo video con amici, anche loro vedevano questa storia come una previsione più che una minaccia, qualcosa che è necessario che accada. Tornando all’esempio dell’esagerazione di prima, alla fine quest’esagerazione ha un riscontro nel reale, cioè se il limite dello spingersi in là arriva troppo oltre, ovviamente la soglia di ciò che è consentito si alza.
Mi sento un vecchio predicatore cristiano - non so se esistano dei predicatori cristiani o si chiamino semplicemente preti - però ecco, forse stiamo assistendo anche nella sua arte, alla rovina di un uomo per le sue pare personali. Cioè, stiamo assistendo al comportamento più tossico possibile e ce lo godiamo come fosse uno show. Un po’ come - o almeno così leggo da Twitter - quando chi guarda Temptation Island ride di comportamenti che se ci accadessero ci porterebbero a raccontare storie simili a quelle che Marra racconta in “Crudelia”.
”È show, è tutto intrattenimento”, mi è stato detto ieri. E forse è davvero così, comunque finisca.
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Sono un pavido, faccio delle cose di cui mi pento e quindi poi devo fare la morale. Oh, siamo quasi 1k su Instagram, posso arrivare quasi a dire “me lo state chiedendo in tantissimi”.
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