Ciao. Manco faccio la finta dei buoni propositi delle altre volte, vado dritto al sodo. Ieri mi è stato detto: “Perché ti autosaboti? Non scrivi più…”. Quindi oggi, che ho avuto sei ore di treno, ho ripensato tutto il tempo a quanto il senso del dovere dovesse farsi grande in me. Così, tra tre pezzi da consegnare, una relazione e il senso di colpa per non scrivere qui abbastanza, ho appizzato Netflix e guardato tutta la nuova serie di ZeroCalcare. Da qui deriva quanto segue. Buona lettura.
Faccio questo tentativo, di questa nuova funzionalità: se stai leggendo perché ti hanno girato questo link, iscriviti, che mi rendi felice.
🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑
Ho un’impronta sullo schermo. Me ne sono accorto oggi guardando una serie in cui molto spesso tutto finiva sul nero e così, al centro e unta, compariva la mia impronta digitale. Ho provato a pulirla con un fazzoletto di carta, con un panno degli occhiali, con il lembo della maglietta, ma niente. Lei rimane lì.
Non è un grosso fastidio, né un grosso impedimento, l’80% delle cose che faccio al computer sono su uno sfondo bianco, per cui non la noto neanche, eppure so che c’è. Questo mio computer, tra l’altro, ha appena due settimane, mi ero ripromesso di trattarlo meglio degli ultimi, ero sicuro di starlo facendo, poi oggi, mentre rimandavo il dovere e accoglievo il piacere BAM, come un segno, ecco lei che si staglia precisamente al centro di questi 14’’. Come ci è finita lì? Cioè, quando mi è successo di premere quello che mi sembra essere il mio pollice a metà del mio monitor? Se qualcuno avesse accesso al mio computer potrebbe sbloccarlo con estrema facilità prelevando l’impronta direttamente dallo schermo o queste cose accadono solo nei film con The Rock e Ryan Reynolds?
Sono sceso dal treno, ho viaggiato per Roma, ho preso parte alle registrazioni di una nuova - bellissima, ma sono di parte - puntata di Banana Burger, ho letto un fumetto al ritorno, fumato un numero elevato di sigarette, sfogliato una rivista che parla di tennis imponendomi di farmi piacere questo sport, non so se ci sto riuscendo. Eppure quell’impronta è ancora lì, ormai prima che sul mio schermo è marchiata a fuoco nel mio cervello. Vorrei cambiare computer, prenderne uno nuovo, so che tanto non se ne andrà mai e sarò costretto a tenerla così per sempre.
Purtroppo ho questo problema, con le cose mi fisso e anzi, più mi danno fastidio e vorrei vederle sparire, più le ricerco, me ne cibo, sperando che il sapere esattamente TUTTO del mio fastidio mi porta ad accettarlo. In realtà mi porta solo ad essere una persona estremamente lamentosa. In questo momento, con uno sfondo bianco, sto cercando di capire da quale angolazione questa impronta si veda. Nessuna. Forse il trucco è non spegnere mai il computer.
Fra due settimane esce il nuovo disco di Fedez. Cosa c’entri con l’impronta non mi va di esplicitarlo, vi basti pensare, però, che so perfettamente che in un appartamento di City Life oggi una bambina di meno di un anno ha fatto degli urletti su un divano, con lo sguardo rivolto a un albero di Natale agghindato tre settimane prima di quando si dovrebbe farlo e che, dopo delle figurine, delle magliette, comprando il CD Disumano potrei ottenere un portachiavi e/o dei calzini.
Vorrei smettere di guardare, di cercare nuove angolazioni che mettano in risalto l’elemento del mio fastidio e lo alimentino, ma non ci riesco. In questi anni ho scritto molto di Fedez. Ho scritto un ritratto, che io definirei veritiero ma che qualcuno ha definito “non molto lusinghiero”, poi mi sono fatto delle domande sui suoi numeri legati a Paranoia Airlines, su dei presunti “ascolti finti”. In realtà basta, ma per il personaggio in questione, due articoli - di cui uno molto lungo - sono abbastanza.
Per un po’ di tempo il nostro ha pensato di nascondere, anche se secondo me sarebbe più facile dire nascondersi, l’insuccesso di quello che finora è il suo ultimo disco con favolette tipo quella raccontata a Montemagno: “Ho venduto 49k copie fisiche del mio CD (vendute perché in regalo con una capsule collection firmata Chiara Ferragni x Diesel, NDA) è chiaro che su Spotify la gente lo ascolti meno, si ascoltano il disco fisico”, in un periodo in cui probabilmente il modo più facile per ascoltare un disco è o rubare l’auto a tuo nonno o infilarlo nella Playstation.
Sono passati un po’ di anni da allora, nel frattempo Fedez ha, in ordine sparso:
• Fatto Sanremo e quasi vinto Sanremo
• Consolidato un’amicizia con Luis Sal grazie al quale è diventato il podcaster numero uno in Italia, probabilmente
• Fatto un pezzo drill (madonna, quanto è impossibile scrivere ‘sta roba senza ridere) facendo una figura barbina in un featuring con Tha Supreme
• Aperto un canale Twitch che si basa sulla sua classica modalità di accalappiamento dei consensi: l’auto-ironia. Sono un boomer, faccio dei casini, venite da me piccoli amici
• Condotto LOL, il programma italiano on demand forse più chiacchierato degli ultimi anni
• Tremato fino quasi a svenire per un discorso di una retorica abbastanza stucchevole fatto sul palco del Primo Maggio, riprendendo poi casualmente la sua litigata con chi lo minacciava di censurare (la RAI)
So che un bravo giornalista dovrebbe riportare questi avvenimenti in maniera quanto più neutra possibile, ma l’impronta è ancora lì, per esempio ora mi sono alzato per andare in bagno, il computer è entrato in stand-by, si è scurito lo schermo, pertanto l’ho rivista. Non riesco a smettere di pensarci. Poi, non sono un giornalista, non mi sono mai iscritto all’albo. Ecco, questa è una frase da Fedez.
Disumano, non l’avevo ancora scritto, sarà il titolo di questo disco. Mentirei se non ammettessi ogni tanto di canticchiare “Bella Storia”, mi sembra pazzesco come basti una top line di Dargen D’Amico e una penna come quella di Dargen D’Amico per far fare un bel pezzo pop a Fedez. Mi costa moltissimo ammetterlo. E mi andrebbe benissimo se Fedez avesse deciso, maturato finalmente, di voler finalmente fare “un bel disco”. Un bel disco pop, ci mancherebbe, ma di mettere la musica in primo piano. Sarebbe fantastico, davvero. Eppure non è così.
L’ultima polemica che lo accompagna è quella dell’ormai famoso dominio “fedezelezioni2023.it”, o qualcosa di simile, un dominio comprato dalla società ZDF che casualmente - quindi sicuramente non per mezzo di una comunicazione di un ufficio stampa, assolutamente no - è finito nelle mani di mezza stampa nazionale che, in un uroboro di impronte digitali sullo schermo, ha deciso di dar voce a questa “notizia”, facendola commentare da una pletora di bertucce urlanti che hanno fatto sì che Fedez si ritrovasse nuovamente nella posizione che preferisce: quella della vittima.
Mi sembra assurdo come questo dinosauro gigante di cui un tempo ambivo a far parte non abbia capito come e quando sta per essere preso per il naso, permettendo così all’uomo solo al comando di trattare la politica come un ragazzino di 3 anni tratta le bambine: urlando che schifo e cercando i bacini.
Il concetto di “Politica Netflix” di Cecilia Sala è sicuramente quello che - nonostante l’operazione meritasse solo silenzio - inquadra meglio quello che sta facendo Fedez: fingersi impegnato tagliando con l’accetta i temi scomodi e parlando solo del trend, nel modo più generico possibile, quello di fare un’attivazione social. Non è colpa del solo Fedez, è una deriva che mi piace definire panelliana della politica italiana: fingersi impegnati e di sinistra solo perché si tiene una panetta di fumo in mano. Non la mia tazza di tè.
Ma quest’impronta digitale sullo schermo, più di ogni altra cosa, in questo momento sta prendendo le sembianze di Roberto da Crema, anche se la fortuna di svapare da diverso tempo probabilmente ci eviterà che debba prendere fiato. Su Twitch fa maratone donando i proventi in beneficenza, in quarantena ha flexato i numeri della sua opera benefica come non riusciva da tempo a fare con quelli della musica, ora, di nuovo, se compri il suo disco fai beneficenza.
Il rapporto tra Fedez e la beneficenza è una delle cose più ambigue dell’ultimo periodo. Parto subito con la frase da comare, per poi andare - per quanto spetta a queste pagine - un po’ più nel profondo. La beneficenza si fa in silenzio. Oh, ora che l’ho detto mi sento un membro di questa comunità.
In realtà, la beneficenza è una delle storture più grandi della nostra società, il momento in cui ci accolliamo che un ricco decida l’agenda pubblica di un paese semplicemente donando, spesso e volentieri anziché pagare le tasse. Questo succede quando lo si fa coi soldi propri.
Gli ultimi quattro eventi benefici perpetrati da Fedez, invece, sono più che donazioni eventi di crowdfunding, per così dire. Le donazioni e gli abbonamenti delle dirette su Twitch, la raccolta fondi per il sostegno e la costruzione di nuove terapie intensive, l’organizzazione di un movimento di sostegno per tutte le categorie afflitte dallo stop dei concerti e ogni attività artistico-ricreativa pubblica e - infine - i proventi del suo disco, che andranno in beneficenza (interamente? in parte? in che parte?). Tutte cause nobilissime (esclusa quella in cui lui si sente Drake e va in giro a regalare mazzette per la città, ma comunque perfettamente in linea con quanto verrà dopo), posso anche credere che molte di queste cause gli siano molto vicine, per i problemi più disparati che vanno dal suo ambiente lavorativo fino ai figli, eppure in tutto questo Fedez è l’uomo copertina. Tutto ciò che fa ha un ritorno diretto ed evidente all’artista (sigh), neanche grossolanamente nascosto. Se Disumano diventasse il disco più venduto del 2021 per un’incredibile capacità di empatia del popolo italiano, chi crederete posterebbe la classifica in continuazione? Nello scontro con Salmo, che non ricordo neanche più a cosa fosse legato, ma che è stato ripreso di recente, l’accusa è stata una cosa tipo “non hai neanche partecipato alla mia operazione benefica”, ricevendo in risposta “non l’ho fatto perché mi stai sul cazzo”. Durante la quarantena Fedez pubblicava i numeri delle terapie intensive e del counter del suo crowdfunding come se fossero le stream di Spotify, infine il viaggio in Lamborghini lo ha portato per una settimana a essere al centro del berciare dell’opinione pubblica italiana, provocandogli quel brivido di quando posta le storie in cui ci aggiorna sulle sue quereline.
È uno scontro impari, la mia impronta digitale rimarrà sempre lì, il mio vicino di posto mi ha detto “manco si vede, pensa, potrebbe essere molto peggio di così”, poi ha girato le spalle e si è rimesso a dormire. Io tutt’ora la vedo grossa e imponente al centro del mio schermo, al centro del mio cervello. Neanche belle cose come il fatto che sarò a casa fra pochi minuti riesce a distogliere l’attenzione da questo. Ho un’impronta sul mio schermo e non riesco a toglierla.
🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑
Oh, ero serio, se sapete come pulire le impronte dallo schermo me lo scrivete gentilmente? Grazie.
Iscrivetevi e tutte cose.