Questa che segue è forse l’intro che più spesso ho scritto in vita mia. Me la riutilizzo, oggi che torno dopo che negli ultimi giorni su questi canali c’è stato un botto improvviso (benvenuti a tutti i nuovi arrivati): io questo pezzo non lo volevo fare. Mi ero ripromesso di non farlo, di non pensarci, di scrivere solo di cose belle, che le avrei trovate. Ma non ci riesco, quando sento qualcosa che mi fa incazzare, mi incazzo e fino a che non mi sfogo non riesco a stare calmo. Dunque, ecco un pezzo sfogo. Sarà brevissimo, ma parla di una cosa che mi sta molto a cuore.
🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑
Credo che, purtroppo per voi, lo sappiate un po’ tutti, ma è giusto specificare anche l’ovvio: questa notte - circondato da una marea di gag sulle querele e sugli spoilerini - è uscito il nuovo disco di Fedez, “Disumano”. Ho provato ad ascoltarlo quanto più esule da ogni tipo di preconcetto, ma alla quarta barra in cui parlava di come si scopa Chiara Ferragni non ce l’ho più fatta (è riuscito a infilarlo persino in un pezzo in cui parla a Vittoria, sua figlia, raccontando - fortunatamente non nel dettaglio - com’è stata concepita. Ho i brividi).
Su tutte, al di là della netta differenza tra la penna di Dargen e i forzati interventi di Fedez che non si arrende all’idea che non ci sia nulla di male nel lasciar fare tutto all’autore, però, c’è una barra che mi ha fatto proprio incazzare. Un po’ perché la trovo di una superficialità davvero troppo esagerata per un uomo che si ritiene impegnato e che potrebbe rendere tale la sua musica, anziché le sue storie di Instagram, un po’ perché fomenta un concetto, un modo di leggere la realtà che ha del meritocratico che trovo davvero stucchevole e completamente fuori dal tempo.
Il pezzo in questione è “Un Giorno In Pretura”, quello che era stato preannunciato come il pezzo da “querela” (lo so, ma a me quest’ironia proprio non va giù). Alla fine è un pezzo con un’intro di Giuseppe Cruciani (sigh), una lunga invettiva contro Matteo Renzi, seguita da una confusa invettiva contro Andrea Bocelli, forse il gioco di parole peggiore della storia della musica italiana (“Quanto mi avete rotto il cAmazon”, il cAmazon, ragazzi), della buffa ironia su Giorgia Meloni e un paragone tra l’eutanasia e il fatto che i leghisti ammazzino la gente, il tutto intervallato da altre simpatiche GHEGS su quello che Fedez ritiene essere lo zeitgeist.
Tra queste simpatiche boutade, del nostro, ce n’è una che mi ha mandato fuori di testa. Ora, da qui in poi il mio livore nei confronti di un disco che di disumano ha solo la prospettiva che sarà un disco che venderà finisce, quello che segue è un discorso a cui tengo molto, banale per certi versi, ma che proprio per questo mi fa rabbrividire che venga trattato in questo modo.
Le due barre in questione sono queste: “Mussolini, Berlusconi, Federico Aldrovandi / In Italia i migliori non riescono mai a superare i vent'anni”. Ora, parto con un mea culpa: al primo ascolto mi ero perso il riferimento ai due ventenni, quello del fascismo e quello di Berlusconi, concentrandomi solo sul fatto che - a discapito della nazione tutta - fossero due persone morte vecchie (anche se una delle due ha ancora da dimostrare di essere mortale), a differenza di Federico Aldrovandi. Rileggendo i testi perché, davvero, non credevo alle mie orecchie, sono arrivato a collegare quel “vent’anni” ai due “regimi” - su Genius, addirittura, c’è chi scrive che per Berlusconi i vent’anni si riferirebbero a quelli che dovrebbe fare di galera. Ora, sticazzi, diamo per assodato che per Fedez in Italia tutti (o almeno quella larga parte di persone che vuole andare a criticare, a distruggere, quello status quo che vuole abbattere da artista di protesta) annoverino Mussolini e Berlusconi tra i “migliori”. Nella costruzione della punchline, dunque, il gioco dovrebbe essere quello di citare due esempi moralmente sbagliati e un esempio di virtù, quasi a farti dire: “Ma cosa cazzo c’entrano questi tre insieme?”. La risposta è che nessuno dei tre ha superato i vent’anni (Aldrovandi muore nel 2005 a 18 anni).
Il mio trigger, però, sta nel concetto insito a questa punchline che Aldrovandi, a differenza di chi viene prima, sia un “esempio virtuoso”, sia “uno dei migliori”. Ora, questo discorso - che sono sicuro che Fedez non volesse fare, ma che esce dalla sua penna ed è responsabilità di chi scrive, specie se “canzoni di denuncia”, essere inattaccabile - è disgustoso.
Per chi non conoscesse il caso Federico Aldrovandi la faccio breve, invitandovi comunque a farvi un infarinatura qui e andandovi a guardare il documentario: È stato morto un ragazzo. Aldrovandi era un ragazzo di 18 anni che, dopo una serata in cui aveva assunto droghe e aveva bevuto, viene lasciato dai suoi amici vicino a casa, per fare due passi. Nonostante i testimoni confermino che a fine serata fosse tranquillo, nel tragitto tra l’auto e la casa la sua condotta spinge degli abitanti del posto a chiamare la polizia in quanto “in stato di agitazione”. Long story short: la polizia arriva, interviene, lo massacra di botte e lo uccide.
La morte di Federico Aldrovandi è disgustosa non perché il ragazzo avesse chissà quali doti o quali virtù. Non lo conoscevo, ma non mi interessa nemmeno sapere che tipo fosse. Federico Aldrovandi non era “uno dei migliori”, non era “il fiore più bello del prato”, quelli che Dio decide di strappare, perché tu che faresti in un prato? (Starei attento a non pestare le merde dei cani, tbh). Federico Aldrovandi era un ragazzo, e tanto basta per rendere la sua morte, o meglio il suo assassinio, un’infamata. Perpetrare il discorso de “il migliore” lascia adito a quel tipo di discorsi che, per fare un altro esempio, si fanno e si facevano su Stefano Cucchi. “Era un tossico”, “non parlava con la sorella”, “se si fosse comportato meglio nella sua vita non si sarebbe trovato in quella situazione…”, sono tutte frasi, giustificazioni che non hanno senso d’essere. Stefano Cucchi, così come Federico Aldrovandi, non dovevano aver bisogno di essere tra “i migliori” per rimanere in vita.
Ripeto, so benissimo che non c’è nessun tipo di volontarietà nel discorso di Fedez, però questo tipo di retorica è dolorosa, sbagliata, va eviscerata e demolita.
Nei giorni scorsi usciva un altro disco, ne abbiamo già parlato ed è il motivo per cui molti di voi sono qua, tra l’altro. In Loro, la prima traccia del disco di Marracash, c’è un’altro POV sulla stessa questione: “Da Giuliani, Cucchi, dalla Diaz ed Aldrovandi / Preferiscono spezzarci che recuperarci”. Il numero di barre è il medesimo, la costruzione è molto simile (un elenco che precede la sentenza), fortunatamente nel secondo caso manca il tentativo di far sorridere amaramente, ma quelli sono gusti. In Marra, però, non c’è nessun tentativo di innalzare i protagonisti a virtuosi rappresentanti dell’umanità. Anzi, l’umanità nello scrivere di Marracash sta nell’usare il pronome suffisso “ci”, indicando un noi. In quello spezzare si sente proprio il rumore dei due manganelli che si spezzarono in quella sera del 2005 in cui Federico Aldrovandi perse la vita.
Anche qui, l’analisi non è certo approfondita, ma non è ciò che ci serve e che si vuole da una canzone, specie se rap. È più un tentativo di prendere a schiaffi in faccia l’ascoltatore, di “svegliarlo” anziché “farlo sognare”, come dice sempre Marracash nel suo disco.
Sentire Federico Aldrovandi essere additato come “migliore”, più che uno schiaffo di quelli che ti fanno svegliare è stato un pugno nello stomaco, di quelli che fanno salire il rigetto e ti rovinano le successive due ore, con l’amaro in bocca.
🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑🍑
Se siete arrivati fino a qui mi dicono che vi devo consigliare di condividere l’articolo - se siete d’accordo
E di iscrivervi se ancora non l’avete fatto.
A presto.