Pazzesco, questa è una puntata che ho addirittura pronta da qualche settimana. Il primo cenno di programmazione di PaperBoi. Ma non temete, tutto questo finirà presto.
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Una delle frasi che si sentono dire più spesso riguardo a un disco è che sia impossibile recensirlo o farsi un’idea chiara al primo ascolto. La storia di Massimo Pericolo ormai la conoscete tutti, tornerò a citare per l’ennesima volta la prima volta in cui l’ho incontrato e quel “primo pugno in una rissa” con cui riassunse 7 miliardi, che ancora adesso mi sembra la cosa più simile a una punchline che un rapper mi abbia mai detto in un’intervista.
Ecco, un mio amico mentre giochiamo a FIFA continua a dirmi che “non ho le mani” perché non riesco a pensare ai movimenti contro-intuitivi, le mie azioni sono altamente leggibili. Ecco, probabilmente con un joypad in mano Vane mi distruggerebbe, proprio perché ogni cosa che fa è al contempo così semplice, ma così inaspettata, che mi lascia stupito.
Per capire “Solo Tutto”, il disco uscito nella mezzanotte tra giovedì e venerdì, non serve più di un ascolto. In realtà non serve neanche ascoltarlo tutto. Bastano le prime due barre:
Quanto è difficile scrivere il secondo disco
Soprattutto se col primo diventi ricco.
Ho ascoltato la prima volta questo disco negli uffici del presidente di Pluggers, che sono poi gli uffici anche del vice-presidente, dell’A&R e dello stagista con davanti una di queste figure già citate, anche se sarebbe corretto dire tutte a partire dal vice presidente in poi e già a queste prime due barre gli ho palesato che la mia curiosità si era tramutata in entusiasmo.
È da poco passato il Dantedì, quindi probabilmente queste tredici parole, tra l’altro neanche in endecasillabi, non vi stupiranno più di tanto. E mai mi permetterei di dare del poeta a Pericolo, anche perché se solitamente sei un rapper e i tuoi fan o la stampa ti danno del poeta, sono convinto che sotto sotto tu abbia sbagliato qualcosa. Eppure sono convinto che nella loro semplicità, queste due barre siano un classico esempio di come si scrive il rap. È già successo una volta con Frah Quintale e lo street-pop, quindi ci riprovo: queste barre sono la sintesi del sad bragging.
In un’epoca in cui ognuno ha il proprio righello personalizzato, per mostrarti quanto lunga possa essere quell’appendice ormai probabilmente defunta visto l’abuso di psicofarmaci, Massimo Pericolo mette subito in chiaro che è in sbatti. Non che avessimo dubbi, non ha mai davvero fatto nulla per nasconderlo, però ecco, non è proprio il modo in cui ti aspetti che qualcuno apra il disco.
Subito dopo averti rivelato i suoi “problemi”, però, o almeno uno dei, MP arriva e ti dice che è ricco. Un concetto per nulla nuovo, anzi forse fin troppo abusato, ma cosa vuol dire essere ricco per il rapper di Brebbia?
Per scoprirlo basta arrivare alla traccia 8 del disco: 100k.
Penso a quello che avevo sommato a quello che ho adesso
Tutto sommato ho talento (Tu-tu-tu)
Frate', ho fatto un K, poi dieci K, poi cento K
Fra', se non ci credi, per me è O-K, neanch'io ci credo.
Anche queste quattro barre sono abbastanza spiazzanti. L’altro giorno mi capitava di vedere le storie di un rapper con una decina di pezzi all’attivo che si vantava di avere 40k per polso (per chi avesse 3 in matematica fanno 80k, ovvero 20 in meno dei soldi per cui per Massimo Pericolo sei ricco). Ora, senza considerare il fatto che bastava una rapida ricerca su internet per scoprire che al polso, al massimo, aveva 5k (quindi x2 10, quindi un decimo della soglia di ricchezza), mi ha stupito come non ci fosse alcuna forma di pudore nel dire di avere ottantamila euro al polso con dieci canzoni nel proprio catalogo. Non perché io sia un pauperista, anzi, sono nato (da ascoltatore) nel periodo in cui la gara era a chi aveva il bling bling più grosso e ancora adesso quel concetto mi gasa, ma perché in un anno in cui non si sono potuti fare concerti, dire di poter sputtanare 80mila euro per due orologi vuol dire tendenzialmente solo tre cose: o sei scemo e per il prossimo anno vivi a casa di mamma e mangi riso in bianco o quei soldi li avevi già oppure, infine, la più probabile, che stai dicendo una cazzata.
E di nuovo, non ho nessun tipo di problema con chi romanza la realtà, ho da poco intervistato Danno, che cito per non appropriarmi di concetti non miei, che mi ha detto, in poche parole, che è normale esagerare il proprio racconto, quando sei davanti a un foglio bianco subentra la creatività, che spesso ha poco a che fare con la realtà. Non devi essere vero, attinente al reale, devi solo essere credibile.
Facendo un salto alla traccia numero 11, Fumo, Massimo Pericolo arriva a mettere in scena la sua morte. Ora, sappiamo tutti che Vane è vivo, a meno che questo disco non sia stato scritto con Phra Crookers nel ruolo di Romano Prodi che fa le sedute spiritiche per mettersi in contatto con la realtà. Ma non esitiamo neanche un secondo a credere al racconto, a vivercelo come se fosse reale, per il semplice fatto che tutto ciò che abbiamo ascoltato prima è credibile. Non stento a credere che MP sia partito da un racconto di vita vissuta (in prima persona o di qualcuno accanto a lui) per poi iniziare a rendere quella persona un personaggio, fino a farlo morire. Questo è forse un concetto che molto spesso ritorna tra queste pagine digitali, ma a costo di risultare un vecchio bacchettone della doppia, sentir qualcosa di scritto bene, sembra davvero una boccata d’ossigeno in un momento in cui l’omologazione regna sovrana.
”Solo Tutto” è un disco real, perché mantiene le tematiche di “Scialla Semper”, l’ansia, gli sbirri, la prigione, la provincia, ma con un’evoluzione. L’ansia non è più vivere un certo tipo di vita, ma è chiedersi se si avrà la forza di evitarla per sempre, una volta imbroccata la strada giusta, ma soprattutto chiedersi se quella strada giusta sia effettivamente così. Giusta. Gli sbirri sono sempre gli stessi e in un paese in cui davvero Marco Travaglio e il Fatto Quotidiano sono ancora una cosa, spero vi piacciano i miei calchi dall’americano, chiedersi “Sbirro, che facevi senza la mia dеlinquenza?” è davvero il primo pugno in una rissa.
Se tutto questo non vi avesse convinto, be’, sappiate che questo disco contiene al contempo una cit a Ski e Wok e una strofa di J Lord. A voi capire dove e quando, come Benji e Fede (che ho scoperto non essere più un duo, rip campioni).
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Ah, una vecchia e sana recensione, come quelle di una volta. In realtà no, non c’è neanche una citazione a come suona questo disco, le basi, i featuring etc etc, ma quello penso che possiate capirlo da soli ascoltandolo. Nah, mean?
Colgo l’occasione per linkare anche un’altra intervista a Massimo che ho fatto proprio qui, su Paper Boi, perché ultimamente sono arrivati una manciata di nuovi iscritti e magari se la sono persa:
• Come si ascolta la musica in carcere?
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